domenica 30 agosto 2015

Drowning

E continuo a stringerti, nella mia immaginazione, a baciarti, nei miei sogni. Abbozzo sorrisi quando volo via dalla realtà.
Mi hai lasciata in compagnia della solitudine, del senso di inadeguatezza, con il vuoto dentro e il vuoto intorno. A divorare cibo fino alla nausea, quando tutto ciò che volevo era soltanto essere sfamata col tuo amore. Mi sono impulsivamente avvalsa dell'unico strumento in grado di mitigare le mie ferite, di alimentare in seguito il preesistente odio per me stessa: io non mi riconosco più e mi sto spegnendo lentamente. Come potevo abituarmi alle tue assenze, alla mancanza del tuo calore, alla consapevolezza della tua impenetrabilità emotiva, se eri ossigeno ?! Eri l'unico in grado di scuotermi, annullavi la mia identità e ciò che mi circondava non aveva uno straccio di senso senza di te.
Respiro affannosamente con gli occhi sgranati, avvolta nel buio della mia anima, da quando te ne sei andato via. Hai sbattuto la porta e mi hai lasciata lì, sola sul letto, a piangere: è bastato che mi rinfacciassi ad alta voce le mie debolezze per uccidermi. Ero incapace di reagire, mi detestavo. Non sono nemmeno mai stata capace di fare l'amore con i tuoi occhi, avevo paura che tu mi scrutassi dentro, e io non volevo che affiorassero le mie insicurezze. Non ero in grado di farti sentire mio, di lasciarmi scivolare completamente tra le tue braccia. Cercavo di mascherare la timidezza con qualche drink, risate repentine e insensate, ma niente poteva rompere il silenzio dei nostri discorsi, niente poteva aiutarmi. Sono mai riuscita a fare qualcosa ?!
Certi momenti, con te, ero certa di non saper essere me stessa, altri paradossalmente riscoprivo i miei lati più oscuri, finendo per affondare in un mare di agonia. Non mi hai mai conosciuto abbastanza, ma quanto bastava per venire a contatto con questa immane fragilità. Sapevi sempre come togliermi i vestiti, ma mai come spogliarmi delle mie paure. Mi hai iniettato il tuo veleno e mi hai intossicato.
E adesso che cosa sono ?! Sono mai stata qualcosa per te ?! Lo so, mai lo sono stata. Ora mi sento una completa nullità lasciata ad annegare, e non sono in grado di risalire a galla. Vivi per te stessa, vivi come ti viene, assaggia ogni sapore e guarda tutti i colori della vita, mi hanno sempre detto. Io so soltanto che la moderazione fomenterebbe la mia follia, tanto quanto l'astinenza da questa dipendenza. Vorrei che tu mi corressi incontro e mi fermassi, potresti essere la luce in fondo al tunnel, ma a te non importa niente di salvarmi. Così, mi lascio inghiottire




domenica 16 agosto 2015

When love is your downfall

Mi abbandono ai più ingannevoli ricordi e mi cullo nella speranza di un futuro che non ha speranza. Ho la pelle d'oca nel sentire ancora la sua voce, i battiti e i fremiti che mi tenevano compagnia durante le attese dei nostri incontri, le sue labbra che scivolano sul mio collo, i segni dei suoi denti sul mio corpo. Risplendo, sfavillo. Il suo sesso fonte di estremo piacere e noi due uniti come calamite, il suo viso tanto grazioso che mi imbarazza e i miei occhi timidi e fuggevoli dinnanzi a tale ineffabile splendore. Sará mera auto convinzione, pericolosa ossessione, attrazione letale, masochismo deleterio, ma quando sto con lui mi sento viva e quando non sto con lui vivo nell'attesa di (ri)esserlo. Mi piace stuzzicarlo, allontanarlo con le mie assidue stranezze, le frasi insensate e la mia possessivitá incontrollabile: frantumandomi la testa contro il muro raggiungo l'apice del dolore, che nel profondo penso sia ció che merito. Non è sufficiente esserne consapevoli, è contrariamente necessario farselo direttamente sbattere in faccia con il fine di annullare il proprio interesse, o di annullare se stesse: dimmi che non conto niente per te, dimmi che sono inutile, così forse riesco davvero a odiarti, perchè al momento ti detesto, poi detesto me e mentre mi uccidi io ti voglio di piú. Baciami, assaporami, respirami, sfiorami, fammi l'amore, sei tutto ciò che voglio e la figura utopica e inarrivabile che incarni mi fa perdere la testa. Sei meravigliosamente devastante, sei dannatamente disarmante. Rinunciare al suo calore significherebbe annegare dentro, non affogare la sofferenza che in seguito ne deriva. Rido di noi, di tutto, non mi capisco e non sono in grado di scavarmi dentro, così rido anche di me stessa nell'attesa che affiori ciò che inspiegabilmente continuo ad accumulare. Mi lascio finalmente inondare il volto dalle lacrime e butto fuori quegli invincibili uragani che albergano nella mia anima, dopotutto non serve un rasoio per ustionarti i polsi se ti puoi fare scoppiare il cuore, oramai velato di irreversibili smagliature. Ti sento sotto la mia pelle, dentro di me, fino alle ossa, poi non ti sento piú, apro il frigo e nemmeno io mi sento. Sono senza forze e innamorata di quell'amore che mai mi potrai dare.




venerdì 12 giugno 2015

Hope

2011 ==> sottopeso
2012 ==> normopeso
2013 ==> sottopeso
2014 ==> normopeso
2015 ==> di nuovo visibilmente sottopeso
(ripetuto effetto yo-yo)

Ma potrei nuovamente rimpinzarmi di cibo spazzatura con tanto di voracità bulimica, fino all'esaurimento. Proprio come è finita questo ultimo mese: oramai mi distanziano solo un paio di chili dal "normopeso", è terribile come il crollo possa essere imprevedibile e contro ogni tua aspettativa. Darla vinta ai vuoti ti fa sentire ancora più vuota, tuttavia puoi almeno evadere da quel senso di impassibilità emotiva che la sola idea di un noioso e rattristante equilibrio ti infonde. Mangio poco o niente, mi muovo troppo, detesto quando un paio di allenatori si complimentano per la mia costanza in palestra, invece di offrirmi consigli sani e mirati al benessere (incitandomi quindi a ridurre le ore di allenamento), a maggior ragione che ho perso di nuovo peso. Finchè non sei all'estremo, fino a quando non sei ridotta seriamente ai 30 kg, per molta della gente comune stai bene. Anche se rischi l'amenorrea a causa della ridotta percentuale di grasso del tuo corpo, anche se ti escono le ossa da spalle e braccia, hai il viso più scavato di una fossa e sotto sfoggi una xxs per 166 cm di altezza e un'età quasi adulta (similmente agli spot di futili prodotti dimagranti, che ritraggono modelle magrissime, con tanto di paradossale intestazione: "Rimettiti in forma!", ma la gente lo sa cos'è il pesoforma ?!). Potrebbe anche succedere il contrario e io potrei coltivare eternamente il mio odio per il cibo. Se poi mi sforzassi di ingerirne una normale quantità, mi partirebbe la centralina e scatterebbe ancor più la fame, la regolarità ormai non so più nemmeno cos'è.
Improvvisamente invece mangio troppo e di tutto, perchè oramai ci sono dentro, e allora sia benvenuto qualunque tipo di rituale auto-punitivo, se l'abbuffata non è in programma. Perchè non capisco se sono sazia o la voglia di ulteriori alimenti sbaraglia la pienezza del mio stomaco. Perchè devo godermi appieno le delizie di cui sarò costretta a privarmi i giorni successivi, un must al fine di perdere peso per un metabolismo massacrato da troppo tempo. Delle volte anche perchè penso troppo, perchè i miei castelli mentali seppur riflessivi sono altamente nocivi. Mi capita sempre di distrarmi durante la giornata, tra lavoretti, chiacchiere con un'amica, la cucina, la musica. Pensi di avere finalmente un attimo per poterti riposare, e finisci per ucciderti coi tuoi stessi pensieri. E' un circolo vizioso pericoloso, i miei chiodi fissi mi rendono noiosamente ripetitiva allo stesso modo negli sfoghi scritti, me ne rendo conto. Ricordo, immagino, mi cullo nei miei sogni. L'emozione verso il cibo si affievolisce come penso a lui. Voglio il suo respiro sulla mia pelle, sentire la sua voce, stringermi a lui, piango forte quando riesco o soffro in silenzio appena mi chiedo quando potrò rifare l'amore con l'uomo che tanto desidero, meraviglioso nella sua impossibilità. Mi basterebbe che mi facesse sua e fermare il tempo puntualmente in quegli istanti tanto inebrianti. So che potrò godermi di nuovo i nostri corpi intrecciati e gioisco con il cuore in gola e le stelle negli occhi, ma la lunga attesa mi consuma e la consapevolezza di non poter avere un futuro con lui mi sgretola dentro. Oltretutto una volta superata questa cotta ossessiva, si ripeterà la stessa storia con un neo stronzo in grado di procurarmi dolore, e questo non mi dà pace. Peggio di una droga come il cibo, c'è solo l'amore.
La normalità è per me una ricerca utopica, più anormale della stessa anormalità. Da un lato la desidero tanto, dall'altro distruggere questa gabbia significherebbe assurdamente abolire un rifugio. Troppe volte mi sono sentita sbagliata tra la gente, troppe volte ho desiderato la pace in un mondo smisuratamente orribile e ho finito soltanto per chiudermi a riccio; l'ansia di non essere abbastanza, di venire delusa, messa da parte, è deleteria. Conservo dentro di me ancora tante sfumature del mio disagio che non conosco, ma che mi aiuteranno a conoscermi una volta emerse. Ricerco così la pace in me stessa immedesimando la salvezza nell'auto distruzione, come se dovessi espiare qualche colpa. Non sono sola, con me c'è la natura, la mia coniglietta, la famiglia, quell'amica tanto legata, e ancora un velo di speranza. Vorrei saper danzare nella pioggia perchè il problema non sono i problemi in sè, ma l'ottica sotto cui li si affronta: forse in parte mi colpevolizzo per non essere abbastanza forte, ma non si sceglie mai di essere depressi, chiunque vorrebbe cogliere il bello della vita. Altre invece, mi torna in mente il motto di quando ero una vivace ragazzina: "Nulla sarà mai così grave fino a quando ti toglieranno il respiro", sopravvivo e tiro un sospiro di sollievo, ma gli attimi di gioia sono così fuggevoli ed effimeri, mentre l'angoscia che cerco di seppellire riaffiora costantemente. Sono stata definita dai miei psicoterapeuti una "ragazza estremamente fragile con un comportamento alimentare bulimico-anoressico", se non vivessi solo in relazione al cibo dubito che qualcos altro riuscirebbe a delinearmi. Se non fossi ricaduta in questo abisso inesauribile, sarei stata sicuramente risucchiata da qualche altro disagio.
Ma arriverà quel giorno in cui sarò io in grado di decidere di stare bene, me lo prometto: sentirsi gli artefici della propria serenità deve essere l'emozione più bella che c'è.




If only breathing was that easy...

Calma, stai calma, mi ripeto ogni volta.
Come se tutto quell'affanno e quel senso d'ansia che mi assalgono a ogni tre passi fossero dovuti ad un incontrollabile stato psicologico alimentato dalla mia depressione e dalle mie ossessioni. E invece no, spero che controllando la mente io riesca a controllare anche il corpo, negando a me stessa quanto la mancanza di forze sia attualmente indice della mia debolezza fisica, illudendomi che questo non finirà mai per controllare me. Troppo spesso invece, ho sperato invano che padroneggiando il mio corpo, avrei così anche dominato la mente, l'anima, le emozioni, tutto ciò che ho dentro. Cammino come se fossi spinta dal vento, mi sento leggera nella mia sfinitezza. E sono viva nel dolore

domenica 10 maggio 2015

Still in hell

Ho di quegli sbalzi d'umore.. Ormai è risaputo anche a me stessa. Oggi ho addirittura ripreso in considerazione l'ipotesi del suicidio. Non che lo farei ora come ora, ma nel momento in cui le lacrime tentano di uscire finendo per rimanere intrappolate e si ha voglia di gridare dando sfogo alla propria profonda, immensa, verbalmente inspiegabile frustrazione, pensare di poter porre fine alle proprie pene esistenziali è veramente liberatorio. Poi sì, torno coi piedi per terra a farmene una ragione, mi capita sporadicamente ormai di desiderarlo, perchè lì fuori c'è il sole, la natura, ho una famiglia che mi vuole bene, posso sempre controllare il mio corpo e sono ancora in grado di respirare; ma dietro ai miei sorrisi si nasconde sempre un terribile senso di angoscia che vince ogni mia indiscutibile consapevolezza. Ormai mi è perfino difficile scavare dentro me stessa, perchè non ho ancora conosciuto appieno la mia identità. La mia instabilità psicologica mi avvilisce: mi rendo conto che devo metterci anche del mio per stare bene, che non posso aggrapparmi esclusivamente ai benefici dell'antidepressivo in questa fase della mia vita, che non può piovere oro dal cielo. E ritorniamo sempre allo stesso punto: sto meglio quando sto peggio. Quando la mia ossessione col cibo è talmente marcata da annullare ogni preoccupazione esterna, mi cullo perennemente in un mondo idealizzato a mio rischio e pericolo perchè la normalità fa così paura, e se mi sforzassi di rendermi partecipe di ciò che tanto spaventoso c'è fuori, verrei inevitabilmente distrutta in mille pezzi. Debolezza e paura, paradossalmente forza nel godersi una nuova soluzione e nel convincersi che va tutto bene così, in fondo, padroneggiare masochisticamente se stesse e mettersi incessantemente alla prova. Che poi, è così difficile non aspettarsi niente da nulla. E da nessuno. Degli imposti ideali di sopravvivenza, il persistente timore di non essere accettata, la ricerca ossessiva di un equilibrio vitale che non ti appartiene, l'accettazione della fuggevolezza delle cose, degli attimi, delle sensazioni, della spensieratezza. E fa ancora più male buttarsi per poi finire per aggrapparsi: legami morbosi da cui dipende la tua (in)felicità, il profumo irresistibile delle relazioni impossibili, perchè così puoi vedere in esse riflessa la triste immagine che hai di te stessa. Un circolo vizioso peggio della droga che non ha mai fine.Incatenata in una gabbia e lacerante come la lama di un coltello. Ecco cosa non va e ti preme più di ogni altra fino a deteriorarti, tu già lo sai: basterebbe essere inutile per tutti ma indispensabile per qualcuno. Manca sempre un po' d'amore, delle braccia sicure in cui rifugiarsi, uno spicchio di luce senza fine

martedì 17 marzo 2015

Hungry heart

Ore 22.10 h: lo faccio o non lo faccio ?!
L'odore appetibile della carbonara mi lasciava stranamente indifferente, quasi disgustata. Nel frigo non c'erano i miei impagabili pizzoccheri e nemmeno del formaggio saporito, o perlomeno decente, con cui improvvisare una pasta al forno. Nulla di niente, dopotutto delizie di qualsiasi genere avrebbero alloggiato a breve in cucina, io ben lo sapevo. Ho dovuto annusare più volte gli stessi alimenti, perlustrare tutti i mobiletti della stanza, cercare ipotetici cibi nascosti, anche a costo di farmi crollare in testa un arredo mal riposto, prima di giungere ad una conclusione decisiva. Lo stomaco aveva smesso di gorgogliare ormai da tanto: eravamo solo io, il silenzio, e l'indecisione. Nel freezer avanzava però un'invitante vasca di gelato alla stracciatella, indiscutibilmente uno dei migliori antidepressivi, per tutte le stagioni, ce l'avevo riposta poco tempo prima per ogni evenienza. Sarebbe bastato quello, poi potevo benissimo accontentarmi di un altro semplice piatto di pasta con tanto di olio e grana assieme a dei soffici tramezzini, finire quelle tavolette di cioccolata che incutevano quasi pena lasciate a metà, in un angoletto isolato del frigo. "Che solitudine qui, non buttarmi, non sprecarmi, assaporami e ospitami tra le tue accoglienti labbra, smetteranno di tremare", avrebbero suggerito, se fossero state dotate di parola. Cosa importava, dopotutto. Che non avessi fame, che non ne avessi voglia, che fossi in grado ancora di capire cosa fosse, la fame, e che essendo già tardi avrei potuto semplicemente filare a letto, reprimendo quell'inspiegabile e struggente istinto. Era da tanto che mi capitava di vivere remota dalle cose esterne, in una nuvola tutta mia. Rifugi deleteri, pur di non sentirsi più soffocare dal mondo. Quella sera mi serviva a tutti i costi qualcosa per riempirmi, imbottirmi, e solo con lo stomaco disumanamente carico avrei avvertito meno il vuoto dentro. O almeno, così pareva momentameamente, perchè poi il giorno dopo si sarebbe ripetuta la solita ennesima storia, lo schifo più completo. Forse era così, tanto per percepire qualche emozione, e nulla da ormai troppo tempo eccetto una valanga di cibo spazzatura avrebbe potuto infondermela. Forse era così, tanto per disprezzarmi un po' di più, avere un motivo per cui odiare me stessa tramite il riflesso degli specchi, perchè col dolore ci si sente vive, si devia da una realtà tanto spenta e insensata. Ero stanca di divorare vuoti, di accumulare avvilimenti, di vomitare sogni infranti. Dolori che si fingono biecamente morti non dando più alcuna traccia di sè, ma che si celano nei meandri dell'anima.
Eppure, non sono ancora riuscita a piangere.