venerdì 9 agosto 2019

The weight of the world ●

Oramai tutto ciò che riesco a fare è dondolarmi nella giostra del silenzio. Un silenzio che mina ogni mio libero sfogo, che racchiude in sè un milione di parole inespresse, represse nel profondo e impossibili da sprigionare, e quell'incontenibile senso di vuoto che mi dilacera. Eppure la mia espressione malinconica e scialba, i miei repentini attacchi di pianto e di ansia, quello sguardo perennemente perso, manifestano il mio straziante mal di vivere: oggi custodisco una cicatrice indelebile che ne potenzia la forza e che rimarrà impressa dentro di me per tutta la vita.Non ho reali e limpide prospettive verso il futuro: se chiudo gli occhi e mi sforzo di pensarci, si fa tutto ancora più oscuro. Barrico le finestre dall’interno della mia silenziosa cameretta come se fossero delle barriere protettive: là fuori c'è un mondo riprovevole e crudele da cui devo proteggermi. Sprofondo nel tunnel e mi schianto nel buio, devastata dalla mia eccessiva fragilità.





Su un’altalena io rimarrei immobile o mi ci dondolei incauta, stringendone i ganci oscillanti, lasciandomi andare in avanti con una spinta travolgente; guardo il cielo che fa su e giù: è indescrivibilmente invogliante, ma la mia testa la sento girare e io so che devo fermarmi. Incurante di ogni rischio, non mi freno, anche a costo di ritrovarmi ferita a terra con le corde spezzate tra le mani.




Ovunque io sia, cerco di non voltarmi più indietro. Per il timore di essere inseguita, forse da qualcuno, forse da qualcosa, forse soltanto dalla mia misera ombra. Il silenzio della notte é impensabilmente assordante, cosí cerco invano di spezzarlo con un paio di auricolari nelle orecchie, il suono alto ed elettrizzante della musica. Aumento il passo in balia della mia confusione mentale: la strada non è costantemente illuminata ed io sbarro gli occhi alla lontana visione di una sagoma scura. Nella mia testa si susseguono come una ruota continua un milione di pensieri disconnessi tra di loro, intrisi di estremo pessimismo, di improvvisi sensi di colpa e di auto-inadeguatezza. L'affanno che mi domina é inarrestabile e rallenta il mio tragitto verso casa. Tiro un piccolo sospiro di sollievo come mi accorgo di aver confuso quell'ombra con un comune tronco d'albero. Il fiato si é ormai esaurito ma io posso finalmente stringere il mazzo di chiavi tra le mie mani tremanti: sono a un solo passo dal mio fedele "rifugio".




Cercare di non pensare non è sempre efficace: piú tenti di zittire i tuoi mostri, e piú i tuoi mostri prendono voce: Devi affrontarli, non puoi sfuggirgli, non per sempre. Devi affrontarTI. Prima o poi si svegliano, ma sono solo l'altra parte di te. Ed eccoli, eccomi, immersa in un deserto di solitudine, assoggettata ad un inesplicabile senso di malinconia. Lascio scorrere il tempo aspettando di passare anche io. 
Dov'è finita la mia forza?! A passo lento provo a rialzarmi e a mettermi in pista: inciampo ad ogni buca intralciante; avanzo e mi fermo, mi fermo e ri-avanzo a singhiozzi con le ginocchia sbucciate.
É quel buio tetro che mi alberga dentro ad ostacolarmi, a stremarmi. il sole è da tempo tramontato e pare non risorgere più.









Forse, che improvvisamente un vento tempestoso mi spazzi via come una leggera foglia di autunno, o che io, in forma e vigorosa, possieda invece la forza di opporre ad esso resistenza, non importa. Oggi, sembra proprio che sia la vita stessa a pesare troppo. Tanto. Sí, troppo.