martedì 17 marzo 2015

Hungry heart

Ore 22.10 h: lo faccio o non lo faccio ?!
L'odore appetibile della carbonara mi lasciava stranamente indifferente, quasi disgustata. Nel frigo non c'erano i miei impagabili pizzoccheri e nemmeno del formaggio saporito, o perlomeno decente, con cui improvvisare una pasta al forno. Nulla di niente, dopotutto delizie di qualsiasi genere avrebbero alloggiato a breve in cucina, io ben lo sapevo. Ho dovuto annusare più volte gli stessi alimenti, perlustrare tutti i mobiletti della stanza, cercare ipotetici cibi nascosti, anche a costo di farmi crollare in testa un arredo mal riposto, prima di giungere ad una conclusione decisiva. Lo stomaco aveva smesso di gorgogliare ormai da tanto: eravamo solo io, il silenzio, e l'indecisione. Nel freezer avanzava però un'invitante vasca di gelato alla stracciatella, indiscutibilmente uno dei migliori antidepressivi, per tutte le stagioni, ce l'avevo riposta poco tempo prima per ogni evenienza. Sarebbe bastato quello, poi potevo benissimo accontentarmi di un altro semplice piatto di pasta con tanto di olio e grana assieme a dei soffici tramezzini, finire quelle tavolette di cioccolata che incutevano quasi pena lasciate a metà, in un angoletto isolato del frigo. "Che solitudine qui, non buttarmi, non sprecarmi, assaporami e ospitami tra le tue accoglienti labbra, smetteranno di tremare", avrebbero suggerito, se fossero state dotate di parola. Cosa importava, dopotutto. Che non avessi fame, che non ne avessi voglia, che fossi in grado ancora di capire cosa fosse, la fame, e che essendo già tardi avrei potuto semplicemente filare a letto, reprimendo quell'inspiegabile e struggente istinto. Era da tanto che mi capitava di vivere remota dalle cose esterne, in una nuvola tutta mia. Rifugi deleteri, pur di non sentirsi più soffocare dal mondo. Quella sera mi serviva a tutti i costi qualcosa per riempirmi, imbottirmi, e solo con lo stomaco disumanamente carico avrei avvertito meno il vuoto dentro. O almeno, così pareva momentameamente, perchè poi il giorno dopo si sarebbe ripetuta la solita ennesima storia, lo schifo più completo. Forse era così, tanto per percepire qualche emozione, e nulla da ormai troppo tempo eccetto una valanga di cibo spazzatura avrebbe potuto infondermela. Forse era così, tanto per disprezzarmi un po' di più, avere un motivo per cui odiare me stessa tramite il riflesso degli specchi, perchè col dolore ci si sente vive, si devia da una realtà tanto spenta e insensata. Ero stanca di divorare vuoti, di accumulare avvilimenti, di vomitare sogni infranti. Dolori che si fingono biecamente morti non dando più alcuna traccia di sè, ma che si celano nei meandri dell'anima.
Eppure, non sono ancora riuscita a piangere.

1 commento:

  1. mi sembra di leggere me.
    anche io ho smesso di piangere....
    cerco nel cibo un amico....


    se vuoi passa da me

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