mercoledì 21 dicembre 2011

Ho fallito, ancora una volta.

Mi mancano i miei fottutissimi 47 chilogrammi.
E' un periodo estremamente buio, mi manca il ragazzo che amo, mi manca la mia vecchia vita, mi manca divertirmi e sorridere, mi manca vivere, mi manca tutto. Tutto. Mi sento un totale fallimento, debole ed esaurita. Piango sempre, ogni notte, non riesco a girarmi nel letto perchè il cuscino è inondato di lacrime, per poi uscire di casa e mostrarmi ai miei conoscenti come la ragazza più felice del mondo, o quella che preferisce non proferire parola e limitarsi a rispondere "sì non preoccuparti, va davvero tutto okay". Mi abbuffo un giorno sì e tre no: acquisto peso ininterrottamente, ma sento come se fosse inevitabile, come se fossi inesorabilmente vinta, sconfitta da un'incontrollabile forza. Sono prigioniera del cibo, svaligiando e razziando il frigorifero non-stop quasi come se fosse una sorta di consuetudine: delle volte lo faccio senza neanche rendermene conto. Forse sarà anche il fatto che il mio metabolismo è in tilt che mi istiga a lasciarmi andare così tanto. E una vocina sussurra dentro di me: "Smettila. Getta via quel cibo e vai ad asciugarti le lacrime", ma l'istinto la domina. E' solo che sembra che mangiare possa essere l'unica soluzione, un rifugio dove poter sotterrare paure e istinti, solitudine e talvolta estremo dolore, come sotto una colata di cemento mai scoperchiata.. una protezione affine, nonostante tutte le mie indiscutibili consapevolezze. Ogni volta mi prometto di calmarmi e di riprendere il controllo, ma finisco sempre per rimandare questo progetto e cullarmi nell'illusione che un giorno o l'altro riuscirò a realizzarlo; e intanto i numeri sulla bilancia crescono come funghi, così come crescono i sensi di colpa e tutti i sentimenti più apocalittici che possano esserci della vita. Forse era meglio fregarsene, come solo fino a un anno fa. Sebbene fossi più ingenua e, se vogliamo dirlo, più immatura, nella capacità di attribuire il giusto peso alle cose vigeva la mia forza; sapevo che l'intero mondo faceva schifo, avevo imparato dopo anni di esperienza che stare male per qualche coglione o qualche piccolo spiacevole evento non ne valeva la pena, così preferivo rifugiarmi in una nuvola di indifferenza verso tutto e tutti, sfociando nell'apatia. Ero riuscita a celare quella sensibilità che mi aveva guidata in tutti gli anni precedenti nella parte più profonda di me stessa, quasi scordandomi della sua esistenza. E ora è riemersa, repellente e smisurata. Sono cambiata radicalmente in tutto, o forse ho solo deciso di guardare in faccia la realtà sotto un'ottica più concreta: gli amici con cui ero solita uscire li ho persi di vista o allontanati, consapevole della loro nauseante ipocrisia e rivoltante opportunismo. I ragazzi ormai non contano più, respingo lusinghe e appuntamenti convinta che in realtà nessuno potrebbe darmi ciò che mi dà lui, colmare il mio vuoto interiore, nessuno, se non lui. Fanculo, la mia autostima è ai numeri relativi. Sono fermamente convinta che tutti quegli appuntamenti dalla psicoterapeuta dove potevo aprirmi al libero sfogo non siano serviti a niente. Ho bisogno solo di tornare a credere in me stessa, nelle mie capacità, nelle mie forze, nel mio autocontrollo. E forse solo io, posso riuscirci.

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